Un monumento storico di grande valore
La chiesa dei Santi Fedele e Simone è situata, salendo da Melide, all’entrata di Vico Morcote e appare completamente staccata dal nucleo. Impostata sull’asse nord-sud, sorge sul sedime di una chiesa primitiva, orientata, risalente all’XI secolo, le cui strutture murarie sono state messe in luce dalle indagini archeologiche condotte tra il 1968 e il 1971. Si trattava di una chiesa ad aula unica, con facciata non ortogonale e abside semicircolare allungata, il cui campanile risulta in gran parte superstite all’interno della canna dell’attuale. L’antica abside fu ampliata in una fase successiva: mantenendo la navata primitiva venne aggiunto un ampio coro quadrangolare, con pareti laterali sensibilmente oblique e pilastri nella zona d’angolo che tendono a correggere la non ortogonalità della struttura preesistente. Parte di questo coro voltato a crociera, datato all’inizio del XV secolo, si conserva tutt’ora e presenta tracce di pitture murali. In questo spazio trovava verosimilmente posto, addossato alla parte di fondo, il prezioso trittico scultoreo tardo quattrocentesco, ora collocato sopra la porta d’entrata dell’attuale sagrestia. Questo retablo in pietra di Saltrio è diviso in tre scomparti con nicchie che contengono nel mezzo la Madonna seduta che sorregge sulle ginocchia il Bambino ritto sulle gambe, a sinistra San Giovanni Battista e a destra San Fedele. Nello zoccolo si alternano i simboli degli Evangelisti con motivi a grottesca. Sopra le nicchie laterlali, due bassorilievi raffiguranti la Creazione di Adamo ed Eva. Nel riquadro dell’attico che si raccorda con la struttura sottostante tramite due volute (espediente quest’ultimo inaugurato da Leon Battista Alberti nella facciata di Santa Maria Novella a Firenze, 1456) trova posto, inserito in una perfetta scatola prospettica, Cristo adagiato sul sepolcro davanti agli strumenti della Passione. La cornice superiore reca l’iscrizione “Christus Surrexit” che fa da contrappunto alla scritta “Christus Mortuus” dell’arca sepolcrale. Questo raffinato oggetto scultoreo rinascimentale è tradizionalmente ascritto alla cosiddetta scuola dei Rodari di Maroggia. Si osservino le eleganti e plastiche figure in posture classicheggianti, i piccoli brani di virtuosismo tecnico – per esempio nella scena con Cristo disteso sul sepolcro – e il ricco repertorio decorativo all’antica: pilastrini, architrave e cornici trattati con delicati motivi a candelabra, grottesche e arabeschi.
Nel 1583 la chiesa di Vico Morcote si stacca dalla pieve di Lugano e il vescovo di Como Giovanni Antonio Volpi, da cui il Luganese dipendeva direttamente, la eleva a parrocchia indipendente. E’ probabilmente quest’ultimo avvenimento ad incentivare la realizzazione dell’attuale edificio, i cui lavori, come risulta dalle visite pastorali, hanno inizio proprio in quegli anni e si protraggono per più di un secolo. Siamo di fronte alla tipica situazione di una chiesa che sorge in una comunità molto ristretta, nella quale le risorse finanziarie non sempre sono adeguate a promuovere progetti di ampio respiro e, non da ultimo, dove la manodopera specializzata è assente per parecchi mesi all’anno. Di conseguenza il cantiere prosegue lentamente, con tappe che dureranno anche diversi decenni ed è quindi difficile stabilire sino a che punto ci si sia attenuti al progetto iniziale di trasformazione dell’edificio ecclesiastico.
La prima fase costruttiva si situa tra il 1591 e il 1625; a quell’epoca risale la rotazione del coro di 90° da est a nord e la sovrapposizione della cupola. La vecchia navata è riutilizzata e trasformata tra il 1636 e il 1670 con l’aggiunta di due coppie di cappelle laterali: verso la metà del XVII secolo la navata viene dotata di volta con le relative finestre nelle vele. Attorno agli anni 1670-1680 l’aula è prolungata verso meridione e dopo qualche anno si procede alla costruzione del campanile. L’erezione del prospetto, portato a termine solo verso il primo ventennio del XVIII secolo, sta ad indicare molto probabilmente la conclusione delle importanti trasformazioni architettoniche che l’edificio ecclesiastico attuale ha conosciuto a partire dalla fine del XVI secolo.